Dal 2018 ad oggi Il 30% delle discoteche ha definitivamente chiuso, mentre il 55% è sopravvissuto ridimensionandosi: riducendo le giornate di apertura, gli investimenti in rinnovi strutturali, la programmazione artistica e conseguentemente diminuendo anche il peso contributivo, gli acquisti di merci ed energia e, ovviamente, anche il costo del personale impiegato.

Questa crisi coinvolge non solo l’ormai esiguo numero di imprenditori del settore del pubblico spettacolo ma a cascata ricomprende: le maestranze, i tecnici, i fornitori diretti e indiretti. Una lettura approssimativa e superficiale di questi dati porterebbe ad individuarne le cause scatenanti nel cambiamento “delle mode e dei costumi”, nei social network, nella pandemia originata dal Covid, etc. In buona sostanza, si invitano gli operatori del settore a remissivamente accettare la situazione venutasi a creare e dunque a trovarsi una nuova e diversa occupazione. Il messaggio è chiaro: se non vi è più nessuno disposto a pagare un biglietto per recarsi in un luogo di aggregazione sicuro e appositamente creato per un collettivo sano divertimento, sarebbe cosa buona lasciare spazio ad altro. Come ad esempio ai centri commerciali, alle sale slot, a improvvisati inidonei luoghi ma, soprattutto, a locali che intendono imitare l’attività di discoteca ma che discoteche non sono!

Come è noto, fonte primaria del nostro settore è il testo unico in materia di pubblica sicurezza (noto ai più con l’acronimo T.U.L.P.S.) approvato con Regio Decreto n. 773 nell’ormai lontano 1931. Precisamente, il citato testo unico stabilisce che per esercitare una qualsiasi attività di spettacolo o trattenimento in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico è necessario preventivamente munirsi della autorizzazione del Questore (art. 68 T.U.L.P.S.). Se poi l’attività di pubblico spettacolo ha carattere preponderante e sia svolta imprenditorialmente (ossia a scopo di lucro) l’autorizzazione amministrativa (licenza) comporta necessariamente la verifica dell’agibilità dei locali interessati ai fini dell’Igiene, della Solidità e della Sicurezza, di cui all’art. 80 T.U.L.P.S.

Il T.U.L.P.S. stabilisce inoltre che, nell’ipotesi di c.d. piccoli trattenimenti, da svolgersi in pubblici esercizi unitamente all’attività di somministrazione, affinché il diverso servizio di musica o trattenimento fornito non sia qualificabile come pubblico spettacolo (ovvero non possa rientrare nell’attività sopra descritta che richiede la licenza di pubblica sicurezza ex art. 68 T.U.L.P.S.) è necessario: (i) che l’ingresso al locale sia libero, aperto a tutti e gratuito; (ii) che nel locale non vi siano spazi appositamente destinati all’attività di ballo o di spettacolo; (iii) che l’attività di trattenimento sia complementare e secondaria rispetto a quella prevalente di somministrazione; (iv) che il prezzo delle consumazioni non sia in alcun modo maggiorato. Nell’ambito del puntuale rispetto di tali determinate inderogabili prescrizioni, l’esercente potrà presentare ai competenti uffici la sola dichiarazione di inizio attività per piccoli trattenimenti. Attualmente le licenze sopra descritte sono rilasciate dagli uffici Comunali territorialmente competenti e, per l’agibilità richiesta dall’Art. 80 T.U.L.P.S., occorre acquisire il preventivo parere della Commissione Comunale e/o Provinciale di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo.
Tali inderogabili imposizioni e prescrizioni di legge producono, nell’ambito di una nuova edificazione o ristrutturazione di immobili da dedicare a tale attività, un aumento vertiginoso dei costi: mediamente 3/4 volte maggiori rispetto a un normale pubblico esercizio che, appunto, non essendo munito delle sopra indicate misure di sicurezza, non potrebbe essere adibito al Pubblico Spettacolo.

Infine, in relazione al trattamento fiscale riservato agli incassi di una discoteca, quest’ultima sconta il 22% di IVA, il 16% di Imposta sugli intrattenimenti, il 5% per il diritto d’autore e il 2% per i diritti connessi a quest’ultimo, per un totale di prelievo immediato pari al 45%. Diversamente, si pensi che un’attività di somministrazione alimenti e bevande che esercita abusivamente il Pubblico Spettacolo sconterebbe esclusivamente un’IVA agevolata al 10 % e nulla più.
In un tale contesto, non bisogna certo essere un giurista o un operatore del diritto per comprendere che la lotta con gli imprenditori scorretti che organizzano serate abusive di pubblico spettacolo è impari e come la normativa descritta sia non solo complessa, ma anche di difficile applicazione soprattutto in assenza di controlli da parte degli organi preposti.

Ma da Presidente di questa Associazione Nazionale di Categoria e prima ancora da persona che crede da sempre nel potere terapeutico della musica, del ballo e della convivialità, perché ne ha direttamente avuto contezza nella gioia e nei sorrisi sui volti dei propri avventori, non può che invitare gli imprenditori del Pubblico Spettacolo sopravvissuti a COMBATTERE e NON arrendersi ad un imposto fatalismo che, nei fatti, è talvolta solo un facile alibi.

È necessario ottenere un IMMEDIATO aiuto da chi ancora lo può dare ovvero le istituzioni. Non chiediamo denaro, non chiediamo fondi perduti o dilazioni ma chiediamo ascolto e, soprattutto, l’APPLICAZIONE della LEGGE che contrasta l’abusivismo nel nostro settore. Le norme esistono e proibiscono balli e spettacoli in assenza delle idonee licenze ma: dehors con musica ad alto volume, pizzerie con finti corsi di ballo, feste studentesche “occasionali” con migliaia di persone organizzate in centri sportivi, “circoli privati” aperti a tutti, “cene spettacolo” in ristoranti dove talvolta manco si cena ma in compenso si balla fino a notte fonda, sagre che diventano locali stanziali in piazza o nei parchi pubblici etc., sono REALTÀ imperversanti. Ma è bene precisare che nella stragrande maggioranza dei casi queste attività sono contro la legge perché prive di idonee autorizzazioni e quindi abusive: pericolose per la sicurezza degli avventori, contro legge in materia fiscale e sleali nel rapporto concorrenziale.

Sveglia! Associati e non solo! È chi le licenze le ha ottenute a caro prezzo e vanta un diritto che per primo ha il DOVERE di rivendicarne la tutela. Chi deve portare all’attenzione delle Forze dell’Ordine queste distorte dinamiche se non noi che le conosciamo perché ne siamo vittime dirette? Aiutiamo le Istituzioni, comprensibilmente impegnate in svariate altre questioni, a far luce su questo fenomeno ricordando loro i sottesi interessi che entrano in gioco nell’ambito della sicurezza delle persone.

In assenza di una rete di aziende oneste e trasparenti, il “mondo della notte” non potrà che rimanere nelle mani di improvvisati soggetti sempre più intenzionati a “vendere” una “ritualità” del divertimento a rischio. Solo la discoteca azienda (gestita nel pieno rispetto delle leggi) ben potrà essere, e per molti versi lo è già, un avamposto di legalità, utile anche alle Autorità per presidiare e monitorare, da vicino e in tempo reale, l’evoluzione degli illeciti che, con l’alibi del divertimento e della musica, sono diretti a fare business sulla pelle dei nostri giovani.

Altro aspetto fondamentale per il contrasto all’abusivismo è la questione degli orari di apertura, laddove i locali di pubblico spettacolo (discoteche) in genere esercitano la propria attività durante il week end dalle 23 alle 04 del mattino, mentre i cosiddetti “locali serali” (ristoranti, pizzerie, pub, bar, osterie, stabilimenti balneari, etc.), di fatto, la esercitano in orari pressoché illimitati. Tale facoltà concessa ai pubblici esercizi, oltre che discriminare il nostro settore imprenditoriale, facilità l’organizzazione di spettacoli (ovviamente non autorizzati) nell’illusoria convinzione, spesso purtroppo confermata nei fatti, che comunque l’attività di controllo, anche a causa della complessità della sottesa materia, sia in realtà un remoto rischio assolutamente affrontabile. La realtà sopradescritta, fino a qualche anno fa, non era tecnicamente possibile in quanto i locali di sola somministrazione terminavano la propria attività alle ore 24 durante la settimana ed alle ore 01,00 nei week end. L’apertura degli stessi era, infatti, prevista dal mattino presto a tarda sera ritenendo che tali esercizi avessero così esaurito la propria funzione sia commerciale che sociale. Ora i pubblici esercizi sopra descritti iniziano la loro attività alle ore 5 del mattino (con le colazioni) e procedono a ritmo continuo fino alle 3 o alle 4 del mattino successivo.

Nella mia veste di presidente di Asso Intrattenimento intendo mandare un messaggio chiaro e forte: occorrono delle alleanze con le Istituzioni, così come sta accadendo in questi anni con accordi a livello nazionale e locale, oltre che un appello al senso di responsabilità di chi fa impresa nei contesti e nel tempo in cui i ragazzi si vogliono divertire.

Come si è detto, si ribadisce con fermezza che senza una rete di aziende sane e profittevoli il contesto della notte rimarrà nelle mani di improvvisati e di una ritualità̀ a rischio. Asso intrattenimento ritiene che dopo 20 anni di deregulation sia giunta l’ora di mettere ordine nel sistema delle norme che disciplinano lo spettacolo NOTTURNO, impedendo ai soliti furbetti di arricchirsi sulla pelle dei nostri giovani.

Il Presidente
Luciano Zanchi